L’uscita dal mercato del lavoro, in Italia, avviene sempre più tardi e in molti sono alla ricerca dei requisiti e dei parametri per provare ad anticipare la pensione senza rimetterci troppo denaro. Una missione (quasi) impossibile: il minimo per andare in pensione a 67 anni sono 20 anni di contributi, ma è assolutamente inconsistente l’assegno che ciò comporta. Invece, già con 30 anni di contributi si potrebbe ottenere una rendita mensile adeguata, ma, come è ovvio, dipende molto dalla entità dello stipendio percepito. Il calcolo non è semplicissimo, tutt’altro, poiché chi va in pensione nel 2024 con 30 anni di contributi lo farà con un assegno calcolato con il sistema misto: contributivo (dove per ogni anno di contributi si prende una certa parte della media degli ultimi stipendi) e retributivo (dove invece sono i contributi effettivamente versati negli anni a determinare l’importo della pensione). Infatti, il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo è intervenuto solo a partire dal primo gennaio del 1996. Scopriamo assieme, dunque, come viene calcolata la pensione con 30 anni di contributi, attraverso le simulazioni. (Continua a leggere dopo la foto)
Sistema contributivo e sistema retributivo
Partendo dal presupposto che è matematicamente impossibile che chi va in pensione oggi abbia 30 anni di contributi versati esclusivamente dopo il primo gennaio 1996, con 30 anni di contributi si applicheranno due diversi sistemi di calcolo, e dunque: e dunque il calcolo retributivo per i contributi versati entro il 31 dicembre 1995. In aggiunta, precisiamo per coloro che alla suddetta data hanno maturato almeno 18 anni di contributi il retributivo si applica fino al 31 dicembre 2011; vi è, poi, il calcolo contributivo, che interessa i contributi versati dal primo gennaio 1996, o dal primo gennaio 2012 per coloro che godono della suddetta estensione del retributivo. Le due quote saranno poi sommate, così da arrivare all’importo finale della pensione. Partiamo dal retributivo, dove la pensione viene calcolata facendo una media delle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore negli anni che precedono l’accesso alla pensione e riconoscendone una determinata percentuale (solitamente il 2%) per ogni anno di lavoro (tra quelli avuti nel retributivo). Nel sistema contributivo, invece, la pensione si calcola applicando al montante contributivo, ovvero l’insieme dei contributi versati dal lavoratore dopo il primo gennaio 1996, un certo coefficiente, variabile a seconda dell’età a cui si accede alla pensione. Occorre prestare attenzione, tuttavia, come fa InvestireOggi, a un primo e importante distinguo: chi svolge un lavoro gravoso può accedere alla pensione a 63 anni e 5 mesi mediante l’Ape sociale, cui dedicheremo un apposito paragrafo, ma solo avendo accumulato almeno 36 anni di contributi. In conseguenza di quanto scritto, 30 anni di contributi non sono sufficienti per chi è impegnato in lavori usuranti. (Continua a leggere dopo la foto)
L’Ape sociale
L’Anticipo pensionistico sociale, altresì più noto come Ape sociale, di cui abbiamo appena scritto consce anche altri vincoli. Ecco riassunti, di seguito gli altri limiti dell’Ape sociale: i disabili devono avere un grado di invalidità civile non inferiore al 74%; i disoccupati devono aver esaurito il periodo di Naspi, avendo perso il lavoro involontariamente e percepito l’intera assistenza prevista; per i caregiver, è richiesto che l’assistente conviva da almeno sei mesi con un familiare disabile in condizioni gravi, rientrante nell’ambito di applicazione della legge 104. L’importo mensile dell’assegno, erogato fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, corrisponde all’importo della pensione maturata al momento della richiesta per l’Ape Sociale, con un limite massimo di 1.500 euro lordi al mese.
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